L’Italia è un Paese ad alto rischio sismico.
Più o meno tutti, almeno una volta nella vita, ci siamo trovati a vivere l’esperienza di una scossa della terra, più o meno violenta, ma per fortuna sono davvero rari i casi di chi, a causa di ciò, ha perso la casa. Sentiamo che, in queste situazioni, lo Stato mette a disposizione dei container per garantire la sopravvivenza di chi non ha più un tetto. Ma si tratta di un obbligo giuridico o solo di una misura che può – ma non necessariamente deve – essere adottata?
Su chi ci si può rivalere quando il proprio immobile diventa inabitabile?
1) Risarcimento danni terremoto da parte dello Stato
Avrai sicuramente sentito in tv o letto sui giornali, in occasione di un terremoto, dell’approvazione di decreti legge rivolti a garantire stanziamenti straordinari in favore delle popolazioni colpite dalla calamità naturale. Si tratta generalmente di fondi rivolti alla ricostruzione delle infrastrutture (case, scuole, ospedali, ecc.) e alle misure urgenti nei confronti di chi è rimasto senza casa o l’ha dovuta abbandonare a causa del pericolo di crolli. Una parte di questi stanziamenti è quindi destinata direttamente ai terremotati, ossia ai proprietari di immobili che hanno subìto ingenti danni alle proprie abitazioni. Si tratta, però, il più delle volte, di piccoli contributi economici che, da soli, non consentono di completare una ristrutturazione e, a maggior ragione, non danno la possibilità di acquistare una casa nuova. Peraltro sono misure urgenti che lo Stato approva di volta in volta, tenendo conto delle disponibilità in bilancio, senza uno specifico obbligo.
Non esiste infatti alcuna norma di legge o di rango costituzionale che impegna lo Stato ad aiutare i senza tetto. Inoltre, i sostegni ai colpiti dal terremoto devono essere comunque preceduti da una dichiarazione di stato di calamità naturale. Il che significa che se per una piccola scossa tellurica il tuo palazzo ha riportato delle crepe, per queste difficilmente sarai risarcito dagli enti pubblici. Se non si tratta di un sisma di eccezionale portata, infatti, difficilmente lo Stato si muove; ed anche in questo caso il sostegno economico e logistico è spesso limitato.
2) Sisma bonus
Oltre agli interventi economici, lo Stato di solito prevede delle detrazioni fiscali per la ricostruzione degli edifici danneggiati dal sisma. Ad esempio, il più recente sisma bonus prevede una detrazione fino all’80% delle spese sostenute dai proprietari (i quali pertanto potranno scalare dalle tassi i soldi spesi per rimettere a nuovo la casa). Spesso, i bonus per l’adeguamento antisismico variano in base alla zona di pericolosità sismica nella quale gli edifici ricadono.
3) Assicurazioni contro il terremoto
Vista la forte aleatorietà dell’intervento statale o degli enti locali (come Comune e Regione) nel caso di eventi sismici, l’unico modo per avere la certezza di un sostegno economico in caso di terremoto è essere assicurati. Esistono numerose polizze danni per il rischio terremoto che prevedono un risarcimento entro un massimale dichiarato dall’assicurato all’atto della conclusione del contratto. Chi è stato previdente, può ottenere il risarcimento dell’assicurazione in caso di terremoto.
Chiaramente l’indennizzo è legato all’ipotesi in cui la polizza sia stata contratta dal proprietario, mentre l’eventuale assicurazione sottoscritta dal condomino coprirà solo i danni alle parti comuni come le scale, l’androne, i muri esterni dell’edificio, i garage, ecc. Invece, per tutti i danni riportati dai singoli appartamenti è necessaria la polizza individuale. Peraltro la polizza copre anche quando il terremoto abbia procurato un danno all’appartamento del vicino – ad esempio quello del piano superiore – e poi da questo si siano propagate le conseguenze sul proprio.
La polizza garantisce il risarcimento dei danni all’immobile e/o la riduzione delle spese per sostenere la ricostruzione e, più in generale, i lavori di ristrutturazione dell’abitazione.
COME?
Ottenendo una somma pari al valore del danno, tramite il versamento annuale di una quota variabile in base alle condizioni contrattuali e un risarcimento pari ad un tetto massimo stabilito.
Naturalmente si tratta di una polizza volontaria, non obbligatoria per legge. I titolari di immobili (appartamenti, ville, ecc.) sono liberi di sottoscrivere l’assicurazione. Esistono anche assicurazioni contro lo scoppio e l’incendio che coprono rischi diversi ma ugualmente pericolosi. Chi vuol dormire sonni tranquilli deve quindi rivolgersi alla propria assicurazione.
La responsabilità del costruttore
Se il terremoto ha provocato dei danni aggravati dal mancato rispetto della normativa antisismica del costruttore, quest’ultimo può essere ancora responsabile se non sono decorsi 10 anni dall’ultimazione dell’edificio.
Si presuppone che tutto il settore immobiliare di nuova realizzazione sia costruito nel rispetto degli standard antisismici; ma il problema resta per tutto il comparto esistente e non a norma.
Secondo gli esperti, intervenire sugli immobili esistenti (costruiti antecedentemente alla normativa antisismica) e renderli sicuri per evitare dunque che collassino, è possibile, con cifre stimabili intorno al 10% del totale della spesa impiegata per l’eventuale ricostruzione (ad oggi calcolata all’incirca in € 4 miliardi all’anno).
Prevedere interventi di adeguamento antisismico sulle abitazioni private, soprattutto condomini con più appartamenti, è tuttavia vincolato alla volontà e alla disponibilità economica dei singoli proprietari, non essendo previsto alcun obbligo di legge.
Possibili interventi di adeguamento/miglioramento sismico dell’edificio
Per migliorare la sicurezza dell’immobile può bastare poco, gli strumenti a disposizione sono parecchi, dalle semplici piastre per aggiungere vincoli, per esempio tra pilastro e trave, alla posa di tendini d’acciaio, all’aggiunta di elementi di rinforzo come archi o puntelli.
Per decidere quali adottare serve un’attenta analisi delle caratteristiche di ciascun edificio, la verifica dei livelli di sicurezza già presenti, l’individuazione di eventuali limitazioni da imporre nell’uso della costruzione, nonché la definizione degli eventuali interventi di adeguamento, miglioramento e/o riparazione, necessari per rendere la costruzione adeguata ai criteri di sicurezza riportati nelle nuove Norme Tecniche (NTC 2008) e nella circ. n. 617 del 2 febbraio 2009. L’insieme di queste valutazioni sono alla base della scelta del tipo di intervento da eseguire, delle tecniche esecutive, dei materiali e dei dispositivi da impiegare (dimensionamento dei rinforzi e degli eventuali elementi strutturali aggiuntivi), che dovranno puntare prioritariamente a contrastare le forze che compromettono la resistenza e il comportamento globale della costruzione.
La normativa individua tre categorie di intervento:
1) interventi di adeguamento, atti a conseguire i livelli di sicurezza previsti dalle norme e volti a ricondurre l’involucro edilizio a prestazioni sismiche pari a un ex novo;
2) interventi di miglioramento, atti ad aumentare la sicurezza strutturale esistente, pur senza necessariamente raggiungere i livelli prescritti dalle norme;
3) riparazioni o interventi locali che interessano elementi isolati, e che comunque comportano un miglioramento delle condizioni di sicurezza preesistenti.
È importante sapere che la valutazione della sicurezza e, ove necessario, l’adeguamento antisismico della costruzione, è obbligatoria nei casi di:
– interventi atti ad aumentare la sicurezza della struttura esistente;
– sopraelevazione della costruzione;
– ampliamento mediante opere strutturalmente connesse alla costruzione;
– variazioni di classe e/o di destinazione d’uso che comportino incrementi dei carichi globali in fondazione (permanenti o accidentali) superiori al 20%;
– interventi strutturali volti a trasformare la costruzione mediante un insieme sistematico di opere che portino a un organismo edilizio diverso dal precedente.
(Cit.LaLeggePerTutti)